Primate Monkeis è un’installazione che vive in una doppia tensione: quella tra il primordiale e il futuristico. Le sculture gonfiabili monumentali — creature astratte che richiamano scimmie totali, ancestrali, quasi degli spiriti arcaici — si impongono nello spazio come icone di un passato pre-umano, ma allo stesso tempo parlano il linguaggio di un futuro possibile, morbido, sintetico e ipercolorato.
Disposte in cerchio come una tribù rituale. La loro presenza è arcaica: archi, arti, torsioni, forme che ricordano gesti primordiali, totem, segnali tribali. Eppure il materiale, la scala e la tattilità del gonfiabile le proiettano in una dimensione neo-futurista, facendo coesistere il mondo organico e quello artificiale senza conflitto.
Il pubblico è invitato a entrare, toccare, passare sotto questi esseri d’aria. Non sono sculture da osservare: sono organismi da attraversare. L’interazione fisica evoca un contatto diretto con creature ancestrali, ma filtrato attraverso una tecnologia leggera, ludica, fluida — quasi l’eco di una civiltà futura in cui i totem sono fatti di aria, colore e movimento.
Primate Monkeis non è solo un’opera da vedere: è una esperienza immersiva che unisce mitologia e futuro, gioco e ritualità. Un luogo dove l’origine e il futuro si toccano.
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